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Non è Natale…senza torrone


 Protagonista sulla tavola delle feste di tutti noi italiani,il torrone è un dolce molto calorico. Possiamo mangiarlo a condizione di non esagerare in quantità e di scegliere un prodotto di ottima qualità. Dopodiché,è bene che usciamo a fare una bella camminata per bruciare energia e contrastare l'accumulo di peso.

Di una cosa possiamo essere sicuri in questo clima di inquietudine e di incertezza in cui la pandemia ha avvolto pure l'atmosfera natalizia: la tradizione gastronomica italiana sarà rispettata anche quest'anno sulle tavole di Natale,dove non può mancare uno dei principali protagonisti,il torrone.

Lavorato ad arte

Un buon torrone si riconosce dal fatto che si scioglie facilmente in bocca,senza attaccarsi ai denti e lasciando la bocca piacevolmente pulita. E' importante anche che la dolcezza non sia eccessiva e non copra ogni altra sensazione”,ce lo spiega Valentina Fratoni,biologa nutrizionista a Firenze. “Un torrone lavorato ad arte richiede buone materie prime (in particolare miele e frutta secca),un giusto equilibrio tra gli ingredienti e un'attenta cottura. L'amido dovrebbe essere utilizzato solo per le ostie che lo rivestono e non come addensante dell'impasto”. Esiste un disciplinare che regolamenti la produzione? “No,in Italia la produzione del torrone non è codificata”,risponde l'esperta,”a differenza di altri Paesi che si sono dati precise normative e classificano i torroni a seconda della qualità di frutta secca contenuta (categoria “superiore”,”extra”,”economica”). Pertanto,ogni azienda è libera di produrre questo dolce come meglio ritiene. Sicuramente un indice di buona qualità è l'assenza di additivi e aromi”. Attenzione quindi a quanto riportato in etichetta:”Qualche produttore indica la quantità della frutta secca contenuta oltre che l'apposto calorico o,per esempio,la quantità e la qualità dei grassi presenti”,osserva la nutrizionista e aggiunge:”Lo standard qualitativo del dolce è rappresentato dalla frutta secca (solitamente mandorle) che dovrebbe costituire il primo ingrediente riportato in etichetta,presente per almeno il 50% del peso,seguita dal miele (circa il 40%) di cui va specificata l'origine,poi da zucchero e albume d'uovo. La quantità elevata di frutta secca,sopratutto mandorle,contenuta nel torrone classico lo rende un alimento molto ricco di sali minerali e di vitamina E,acidi grassi omega 3 e calcio”.

Tante calorie

Cento grammi di torrone classico alla mandorla contengono 479 calorie. “Quanto più il torrone è ricco e farcito,tanto più è alto il suo apporto calorico: quello ricoperto di cioccolato o arricchito di frutta candita,per esempio,sfiora le 580 calorie per 100 grammi”,avverte Fratoni e aggiunge:”Per la presenza di zucchero e miele (che sono carboidrati semplici) e frutta secca (contenente grassi),il torrone è sconsigliato in caso di sovrappeso e per chi soffre di diabete di tipo 2: ne bastano pochi grammi per fare il pieno di zuccheri semplici. Per alcune persone può risultare allergizzante dato il suo contenuto di frutta secca e la presenza di uovo. La cialda di copertura lo rende inoltre un prodotto inadatto alle persone celiache,che sono intolleranti al glutine. Il consumo eccessivo di torrone,infine,può favorire la formazione di caria dentaria,specie nel caso del torrone morbido che tende ad aderire tenacemente allo smalto dei denti”.





Fine pasto con moderazione

Un pezzetto di torrone a fine pasto è però consentito purché la parola d'ordine sia “moderazione”: “Suggerisco una porzione di 10-20 g di torrone alla fine di un pasto non troppo abbondante,purché non consumato insieme ad altri dolci”,dice l'esperta. “Le ricette legate alle festività portano in tavola alimenti mediamente più calorici. Una sana abitudine da adottare,per non privarsi delle leccornie,sarebbe quella di fare una bella camminata dopo i pasti”.

Energia per lo sport

Per chi pratica attività sportiva ad alto dispendio calorico,una porzione di torrone può essere una virtuosa alternativa alla barretta energetica: “Il torrone è una sana merenda da consumare dopo una gara,con ottimi effetti antinfiammatori garantiti dalla frutta secca,o da mangiare 30 minuti prima di un'attività sportiva impegnativa”,conclude l'esperta.



Duro o morbido? Dipende dalla cottura

Le principali varietà di torrone sono quello duro e quello morbido,che dipendono sopratutto dal diverso grado di cottura dell'impasto.

In quello duro,chiamato anche friabile,la cottura è prolungata nel tempo e può raggiungere,in alcuni prodotti tipici,le 12 ore.

Il torrone tenero, invece,si prepara cuocendo l'impasto per 2-3 ore: in questo modo il prodotto trattiene più umidità e risulta più morbido. A fare la differenza tra le 2 varianti ci sono però anche la composizione della ricetta e il rapporto tra la quantità di miele e quella di zuccheri: una maggiore percentuale di glucosio rende l'impasto più tenero.

Non ce n'è uno solo: 6 torroni tipici delle nostre regioni

La cubbaita di Sicilia

A Caltanissetta,la tradizionale “cubbaita” (dall'arabo qbbàt,che significa “mandorlato” ),detta anche “giurgiulèna” ,si produce con i pistacchi,le mandorle e il miele. E' un torrone antichissimo declinato in numerose varianti (con canditi di limone e arancia,sesamo,cioccolato) che esaltano i sapori tipici dell'isola.

Il sardo di Tonara

Un documento redatto in catalano e conservato nell'Archivio di Stato di Cagliari attesta che il torrone era già diffuso nel XVII secolo sull'isola. Il cuore della produzione è la provincia di Nuoro,nei comuni di Tonara e Aritzo. A Tonara,dalla seconda metà dell'800,se ne produce uno morbido senza zucchero,a base di miele,albume d'uovo,noci e nocciole.

Il campano di Benevento e Avellino

Da un presunto antenato sannita,il torrone campano cominciò a diffondersi tra Benevento e Avellino a partire dal XVII secolo. A Benevento ve ne sono 3 varietà: il “perfetto amore” ricoperto di glassa al cioccolato,al limone o al caffè,l'”ingranito” con i confetti lunghi detti cannellini,il “torrone del Papa” con pinoli e frutta sciroppata. Nella provincia di Avellino,invece,tra i più antichi c'è il torrone di Dentecane,una frazione di Pietradefusi che sorge sulla vecchia via Appia: è fatto con miele,mandorle,nocciole.

Il Guardiagrele di Abruzzo

In provincia di Chieti,a Guardiagrele,si produce un torrone molto simile al croccante a base di mandorle intere tostate,zucchero,frutta candita e un pizzico di cannella. Sembra che lo scrittore Ignazio Silone fosse un grande estimatore di questo dolce. All'Aquila e a Sulmona,invece,il torrone tradizionale è morbido e si sposa con il cioccolato e le nocciole.

Il torrone di Bagnara Calabra

In Calabria,si può gustare il torrone di Bagnara a marchio IGP (indicazione geografica protetta). E' a base di miele,zucchero,mandorle,cannella e chiodi di garofano in polvere,con la copertura di zucchero in grani o di cacao amaro.

Il mandorlato di Cologna Veneta

Non è nota la data certa dell'invenzione di questo dolce a base di mandorle,miele,albumi,cannella e cialde,non coperto dall'ostia,ma si pensa fosse conosciuto già al tempo della Serenissima Repubblica. Un primo riferimento al mandorlato è contenuto in un testo del 1540.



Per primi lo mangiarono i legionari

L'antenato è la cupedia

In alcuni scritti dello storico latino Tito Livio (59 a. C- 17 d. C.) compare la “cupedia” ,letteralmente “ghiottoneria”,un dolce a base di una pasta di nocciole e miele molto nutriente,adatto ai legionari impegnati nelle battaglie. E' probabilmente l'antenato del torrone,chiamato in Irpinia “a Cupeta”. Cupetari” erano in Campania i venditori ambulanti di torrone,immancabili presenze nelle feste di paese.



Romani o Arabi?

Secondo alcune cronache latine,gli antichi Romani conobbero il torrone,o comunque il suo antenato a base di semi oleosi,albume e miele,dai Sanniti,durante i lunghi assedi delle guerre. La specialità che si avvicina di più al nostro attuale torrone è citata da Marco Gavio Apicio nel De Re Culinaria ed è un dolce preparato con noci,miele e albume d'uovo,chiamato nucatum (non a caso in francese torrone si dice nougat ). Altri storici ritengono invece che il torrone abbia un'origine araba e a supporto di questa tesi citano il De medicinis et cibis semplicibus,un trattato dell'XI secolo scritto da un medico arabo,in cui si parla del turun.



Dalla Sicilia a Cremona

La presunta origine araba del torrone spiegherebbe la sua diffusione nell'Italia meridionale e in particolare in Sicilia,dove era apprezzato anche da Federico II di Svevia. Proprio lui,durante le sue campagne contro i comuni del Nord Italia,portò il torrone a Cremona,dove pose il suo quartier generale. Secondo altre fonti,però,l'origine del torrone cremonese risale al banchetto delle nozze di Bianca Maria Visconti con Francesco Sforza il 25 ottobre 1441,occasione in cui sulla tavola fu servito un dolce a base di mandorle,miele e albume che riproduceva la forma del Torrazzo,il torrione cittadino,da cui sarebbe poi derivato il nome “torrone”.



Dal Latino la parola “torrone” viene dal latino “torrere”,che significa “tostare”;il termine torrone,dunque,sembra riferirsi alla tostatura delle mandorle e delle nocciole.







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